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Risultati da 11 a 20 di 55
  1. #11

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    Citazione Originariamente Scritto da Andrea Acquarone Visualizza Messaggio

    Attualmente si sostiene che una buona economia è quella in cui cresce il PIL. Ciò implica, per logica, che si crede sia quello il modo migliore di allocare le nostre risorse.
    Una parte della mia tesi di laurea verteva sulla critica al Pil come strumento di misurazione del benessere, disgraziatamente per me il controrelatore era un neoclassico convinto (cioè apparteneva al ramo più ortodosso degli economisti)... finì abbastanza tragicamente...
    Dieci anni dopo sono ancor più convinto che l'accrescimanto del pil ad ogni costo non produca più benessere (ha cessato di farlo anni or sono), anzi faccia il contrario. Benessere è libertà di fare ciò che vogliamo (definizione non mia), non penso proprio che la maggior parte dei produttori di pil (sia imprenditori che dipendenti) si senta, oggi più di ieri, libero di seguire i suoi interessi personali e il suo accrescimento come persona.
    E' forse proprio per questo che molti di noi si appassionano al trading: per cercare di essere più benestanti senza sacrificare tutto il tempo nel lavoro, per essere più padroni di noi stessi, senza tante leggi, leggine,tasse, imposte e pezzi di ricambio...


    ps Grazie per gli interventi e complimenti a playoptions per la bellissima iniziativa

  2. #12

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    Citazione Originariamente Scritto da maupro Visualizza Messaggio

    Incomincio con la richiesta di alcuni chiarimenti, tu dici:
    "Una buona economia è quella che utilizza al meglio le risorse disponibili (risorse per loro natura limitate). "
    potresti chiarire cosa si intende per "al meglio" ,non è soggettivo?

    Secondo chiarimento, per risorse si intende anche il denaro?

    .
    Caro maupro, riguardo al concetto di "al meglio",vedrai che tornerà e verrá definito rigorosamente, perchè è parte fondamentale della costruzione ortodossa, che appunto al conceto di "ottimo" (come ci si esprime tecnicamente) è ancorata.

    Ora come ora se ti dessi una definizione formale (tipo: "ottimo è la situazione in cui ogni movimento a vantaggio dell'utilità di qualcuno si ripercuote in una perdita maggiore di
    utilità a livello aggregato") non ti direbbe molto, forse, ma a suo tempo sarà chiara e corente con quello che starò raccontando.

    Il punto principale, posso anticipare, però, non è tanto che sia un indicatore soggettivo, quanto che sia una costruzione teorica di scarsa rilevanza pratica. Ma aspettando qualche tempo lo vedremo bene. Ti ringrazio comuqnue per la domanda.

    Quanto alle risorse e al denaro (ossia se il denaro è da considerarsi una risorsa) ti prego anche qui di aspettare il prossimo intervento che ho prgrammato, perchè è proprio il punto che voglio toccare, e spero sarò esaustivo. Per dire qualcosa su due piedi ti direi: è chiaro che all'oggi, per come siamo organizzati, il denaro è una risorsa (anzi, forse, è La Risorsa) ma appunto io volevo prendere le cose dal principio, dalla teoria pura, che non è inutile, perchè così quando si arriva alla realtà fattuale si sa bene quello di cui si sta parlando. Abbi pazienza, sarò presto esauriente a riguardo.

    Comunque altra giustissima ossevazione, non banale. Grazie.

    A. A.

  3. #13

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    Dunque l’economia attiene alle situazioni di scarsezza, e la scienza che la studia dovrebbe indicare quali azioni sono da preferirsi per raggiungere un tal scopo. Come giustamente è stato osservato, è importante stabilire come si definiscono queste risorse scarse (prima ancora di capire quale sia il modo migliore di utilizzarle).

    È utlie a proposito rifarsi ad una distinzione che dobbiamo ad Aristotele, ossia a quella fra "l’economica" e "la crematistica", dove nel primo caso si ha a che fare coi “beni necessari alla vita, e utili alla Casa o allo Stato”, e nel secondo con la ricchezza intesa in senso monetario. Dice il filosofo: “Vi e un’altra maniera di guadagnare ricchezza che definiamo meglio e giustamente crematistica, per la quale e sorta l’idea che non esista alcun limite alla proprieta e alla ricchezza (…). Mentre l’economica ha un limite, la crematistica non lo possiede; quella ha per fine qualcosa di diverso dal denaro, questa l’aumento del denaro stesso” (Aristotele, De Repubblica, Libro I, Capitoli 8-9).

    Questa distinzione basilare viene ripresa da Adam Smith nel libro fondativo dell’economia politica. È scritto: “Per qualche tempo dopo la scoperta dell'America, la prima domanda che facevano gli Spagnoli quando giungevano su una costa sconosciuta era di solito se nei dintorni si potesse trovare dell'oro o dell'argento. Dalle informazioni che ricevevano, giudicavano se la valeva la pena di stabilirvisi, cioe se il paese valeva la spesa di conquistarlo. Giovanni da Pian del Carpine, un monaco inviato come ambasciatore del Re di Francia a uno dei figli del famoso Gengis Khan, disse che i Tartari erano soliti chiedergli se in Francia vi fosse abbondanza di pecore e di buoi. La loro domanda aveva lo stesso scopo di quella degli Spagnoli (…). Tra i Tartari, come in tutti i popoli pastori che non conoscono l'uso del denaro, il bestiame è lo strumento del commercio e la misura del valore. La ricchezza, perciò, secondo loro, consiste nel bestiame, come secondo gli Spagnoli consisteva nell'oro e nell'argento.
    Delle due, l'opinione dei Tartari e forse quella piu vicina alla realta (…). Le merci possono servire a molti altri scopi oltre a quello di acquistare il denaro, ma il denaro non puo servire ad altro scopo oltre a quello di comprare merci”. (Smith, A., Indagine sulla Natura e le Cause della Ricchezza delle Nazioni, Mondadori, Milano, 1977, Libro IV, Capitoli I, pag. 419, 420, 427).

    La crematistica è perciò parte dell’economia nella misura in cui la ricchezza monetariamente intesa è divenuta un “bene utile alla Casa o allo Stato”. Ma non bisogna mai dimenticare che l’economia rappresenta un dominio superiore a quello crematistico. Compreso questo, si può tornare a fare discorsi puramente crematistici, perchè tale è la necessità corrente oggigiorno (e così si spiega come altrove abbia detto che il denaro sia da considerarsi tra le risorse economiche: lo è in quanto la crematistica è parte dell’economia).

    Rimane il fatto, che cercheremo di affrontare, che mentre la crematistica si presta ad essere misurata, l’economia, per come l’abbiamo oggi giustamente intesa, vi si presta molto meno: la crematistica è il dominio del "quantitativo" mentre l’economia appartiene a quello del "qualitativo".

    Il lettore Ismael che dice di aver avuto problemi col professore della tesi “neoclassico”, avrebbe dovuto rospondergli: “lei è un crematista, non un economista”. Purtroppo, oggi esistono pochissimi economisti, e moltissimi crematisti che credono di essere economisti. Servono i crematisti, anzi che no, ma servono anche gli economisti.

    Spero che le nozioni fornite brevemente oggi, che a me hanno richiesto anni di studio, sollecitino il vostro interesse; assicuro che non le insegnano all’università, e che sono in pochi a conoscerle. Non si pensi che siano astratte, perchè sono "basi" di ragionamento.

    Buona giornata!

    A. A.

  4. #14

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    La crematistica è una parola che non conoscevo ma già il dividerla dall'economia delle merci mi fà fare un passo avanti nella comprensione dell'economia.
    Sto leggendo un libro sulla vita di John Law, "L'uomo che inventò il denaro", possiamo dire che ha cercato di risolvere i problemi economici con la crematistica?
    Altra domanda: c'è differenza nell'intendere la crematistica da prima a dopo lo sgancio del denaro dal valore dell'oro?
    Cioè se prima comunque la ricchezza era basata su qualcosa (oro) oggi dove poggia?

    Grazie e

    Buona Pasqua a tutti.

  5. #15

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    Citazione Originariamente Scritto da maupro Visualizza Messaggio
    Sto leggendo un libro sulla vita di John Law, "L'uomo che inventò il denaro"
    Dove sei riuscito a comprare quel libro? Sembra introvabile!
    Questo mio post non costituisce sollecitazione al pubblico risparmio.

    Le indicazioni riportate all’interno di questo post sono frutto di mie analisi e devono essere considerate semplice elemento di studio, di approfondimento e di informazione.

    Declino ogni responsabilità per le eventuali conseguenze negative che dovessero scaturire da un’operatività fondata sull’osservanza delle suddette indicazioni.

  6. #16

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    Dunque, rispondo a maupro; alla prima domanda ("Sto leggendo un libro sulla vita di John Law, "L'uomo che inventò il denaro", possiamo dire che ha cercato di risolvere i problemi economici con la crematistica?"), mi pare piuttosto che l'innovazione che voleva portare il Law fosse piuttosto un innovazione tecnica (passaggio dalla moneta metallica alla carta moneta), ma all'epoca si era lontani dal pensare di risolvere i problemi economici. Mi si perdonerà, per altro, ma non ho mai letto Law, seppure lo inquadro storicamente e ne conosco le linee principali di pensiero. Grazie pertato per lo stimolo.

    Quanto alla seconda questione ("C'è differenza nell'intendere la crematistica da prima a dopo lo sgancio del denaro dal valore dell'oro? Cioè, se prima comunque la ricchezza era basata su qualcosa (oro) oggi dove poggia?") non v'è differenza nell'intendere la crematistica da prima a dopo lo "sgancio", come viene detto. Per altro, il 1971, ossia l'affossamento definitivo del "sistema aureo", è solo l'ultimo passo di un cammino intrapreso secoli prima, perchè quando Nixon fece decadere gli accordi di Bretton Woods, già la moneta era solo minimamente collegata all'oro (non ricordo la percentuale precisa, che pure dovetti studiare, ma mi pare nell'ordine del 5%, a dir molto). Il resto era già moneta finanziaria. Da allora in poi, la moneta ha valore solo in quanto si sa che verrà accettata.

    Bisogna però appunto distiguere la ricchezza economica da quella crematistica, così che la seconda perte della domanda ("se prima comunque la ricchezza era basata su qualcosa (oro) oggi dove poggia?") riuarda essenzialmente la ricchezza crematistica, e allora qui ho risposto poco sopra - uno potrà meditare su quanto fragile sia oggigiorno tale ricchezza, ma questo è un altro discorso. Mentre la ricchezza economica è un discorso più ampio, per cui riguarda relativamente che si sia ancorati all'oro o meno, come non tarderemo a chiarire.

    Ad Ismael dico che, se già gli paiono interessanti le considerazioni qualitativo-quantitative, sarà ben contento di seguire i ragionamenti, perchè quest'antinomia verrà sviscerata, essendo uno dei nervi del ragionamento. Per quel che riguarda la bibliografia, siccome ci fornisce considerazioni storiche, assai condivisibili, gli consiglio "La Grande Trasformazione" di Karl Polanyi, per cominciare, se non lo conosce già - testo di raro valore. Martedì, quando andrò avanti coi discorsi, fornirò altri titoli con esattezza.

    Un augurio di buone feste, e a presto.

    A. A.

  7. #17

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    L'uomo che invento' il denaro

    Citazione Originariamente Scritto da tucciotrader Visualizza Messaggio
    Dove sei riuscito a comprare quel libro? Sembra introvabile!
    Buonasera Tuccio,
    il libro in questione e' stato pubblicato nel 2000 da Rizzoli, l'autrice e' Janet Gleeson e lo puoi acquistare
    sul sito libri-usati.com al prezzo di Eur 8,99.
    Ciao e Buona Pasqua
    Arturo

  8. #18

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    Il modello economico di riferimento (1)

    Iniziamo con oggi ad addentrarci nel tema della discussione, ossia la presa di coscienza del modello economico di riferimento che fa da base agli studi di teoria economica, e la sua eventuale critica.

    Iniziamo col dire che il modello di riferimento, tramite cui si descrive un'economia e se ne analizza la bontà, è del 1954. Esso è conosciuto dagli studenti di economia col nome di "First Best". Si tratta di una descrizione (pretesa descrizione) dell'economia generale, sulla base di alcune assunzioni, che vedremo le prossime volte.

    La formulazione definitiva del modello avvenne con l'articolo di A. P. Samuelson "The Pure Theory of Public Expenditure", originariamente pensato per analizzare i c.d "beni non esclusivi", come la difesa nazionale, “ma l'articolo di Samuelson si dimostrò facilmente adattabile ad un ampio spettro di problemi del settore pubblico, e rapidamente diventò il modello standard per ogni analisi normativa del settore pubblico” ( Tresch, R., Public Finance, Academic Press, Boston, 2007, pag. 34). Le grandi istituzioni internazionali,
    quali l'FMI o la Banca Mondiale, ragionano tutt'oggi sulla base delle assunzioni colà specificate.

    Prima di addentrarci nell'esposizione del modello, che per le sue parti essenziali è semplicissimo, preme rimarcare alcuni fatti. Abbiamo detto che questa lettura risale al 1954, e per quel che concerne la sua genesi, si può andare tranquillamente agli anni 1930. Non stupisce allora che il modello non sia tarato per accogliere, primo fra tutti, il problema del deperimento ecologico, poichè all'epoca della sua proposta tale problema non esisteva, ma si aveva ancora la percezione che le risorse libere (aria, acqua, terre, eccetera) fossero illiitate. La popolazione da allora è aumentata di circa quattro volte (circa 1,5 mld ne 1945,circa 3 mld nel 1970, più di 6 mld oggi).

    Alla fine degli anni 1960, quando insorse l'evidenza dell'inquinamento, invece di abbandonare la costruzione, gli economisti mainstream hanno cercato di far rientrare per il cappello l'inclusione del fenomeno, senza potervi riuscire (non perchè fossero stupidi, ma perchè il First Best non considera di base quel problema, come vedremo). In seguito, esauritasi la spinta della cirtica degli anni 1970, la costruzione non è stata più messa in discussione fino ad oggi, facendo ancora da sfondo alle varie analisi particolari, che si dicono di "Second Best".

    A tutt'oggi “la teoria di Second Best condivide gli stessi fondamenti filosofici e metodologici della teoria di First Best" (Tresch, R., op. cit., pag. 396). Il fatto è che delle varie assunzioni su cui si basa il modello di First Best, non è possibile allentarne più di due per volta (entrando così in "Second Best"), poichè altrimenti diventa impossibile il maneggio matematico. Normalmente, anzi, ci si concentra su di un singolo caso (chiamato "inefficienza"). Il problema è che tali supposte inefficienze non sono eccezioni ma regole; lo scarto non è un'eccezione, ma una regola del processo di produzione, seppure la teoria lo tratta come fosse un caso eccezionale.

    Preme dire che questo Tresh che cito è autore di un libro in uso al MIT di Boston, e adottato anche dal mio prfessore di Scienza delle Finanza (neoclassico). È un utile riferimento della teoria istituzionale, su cui basare le nostre considerazioni. Dalla prossima volta nizieremo a vedere cosa dice di preciso questo famigerato modello.

    Per quanto riguarda il tema della carta moneta, segnalato da un lettore, m'è venuto in mente (cosa forse non considerata) che tale sistema era già in uso ai cinesi ai tempi di Marco Polo, che ne dà notizia stupefatto.

    Un buona giornata, e a presto.

    A. A.

  9. #19

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    Il modello economico di riferimento (2)

    Iniziamo a vedere come è strutturato il modello di First Best, che come detto è la base della moderna teoria economica.

    Propedeutico alla comprensione del modello è il concetto di "utilità". L'utilità economica deriva dal più ampio concetto di utilità intesa in senso generale, che il Pareto preferiva definire ofelimità, dal greco ωφέλίμος. L'utilità in generale indica la “capacità di soddisfare un desiderio o di servire ad uno scopo”; è altresì chiaro che gli studi economici possono “occuparsi solo di certi generi di utilità, o dell'utilità considerata sotto dati aspetti” (Nicholson, J. S., Principi di Economia Politica, Utet, Torino, 1908, pag. 21, 23).

    Questi “dati aspetti” discendono dall'accezione di bisogno che il bene va a colmare. Quando di una cosa vi è abbondanza l’uomo è portato “non ad un agire cosciente, ma solo a manifestazioni di vita involontarie (…); potranno queste cose (abbondanti) costituire una condizione dell’esistenza, ma non vi sarà, quanto ad esse, alcun bisogno nel senso economico della parola” (Sax, E., Principi Teoretici di Economia di Stato, Utet, Torino, 1912, pag. 126).

    L'utilità in economia è quindi la misura della soddisfazione associata all'uso di un bene economico, ovvero scarso.

    Si parla dunque di "utilità cardinale" e "utilità ordinale". Chi sceglie di utilizzare l'utilità cardinale presume che l'individuo sia in grado di esprimere precisamente l'utilità che gli deriva dalla fruizione di un servizio, acquisizione di un oggetto, eccetera. L'utilità ordinale, in uso da circa un secolo, chiede invece soltanto che il consumatore sappia esprimersi riguardo alla preferibilità di un bene, o di un paniere di beni, piuttosto che un altro – è da qui che si è iniziato a parlare di "preferenze del consumatore". Essa necessita, al fine di poterla esprimere, di una "funzione di utilità".

    Sebbene il concetto sia passibile di amplissime riflessioni – che effettivamente si sono avute nel corso degli ultimi due secoli – la teoria di First Best più recente intende l'utilità in modo piuttosto semplice, in qualche maniera oltrepassando la distinzione tra ordinale e cardinale, perché l'utilità nel modello economico di riferimento è associata unicamente al reddito. Dovendo esprimerci con notazione formale vediamo che (1):

    Uh = F (Yh),

    ossia, “Uh”, che rappresenta l'utilità dell'individuo “h”, è funzione del reddito di “h”, “Yh”, e niente altro (Cfr. Tresch, R., op. cit., pag. 104). Da qui si parte.

    Lascio meditare i lettori sulla questione, e scriverò presto i prossimi giorni per proseguire.

    Buonagiornata!

    A. A.

  10. #20

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    Il modello economico di riferimento (3)

    Dopo aver detto del concetto di utilità, si può vedere come questo è utilizzato all'interno del modello.

    Gli economisti considerano che un modello debba possedere quattro attributi affinché si possa utilizzare agevolmente nelle analisi normative generali:
    i) deve essere un modello di equilibrio generale, ovvero descrivere l'intera economia. Per fare ciò deve tenere conto dei tre aspetti fondamentali del sistema: il modo in cui si formano le decisioni di spesa degli attori economici, ossia la Domanda; le condizioni della risorse e della tecnologia, ossia l'Offerta; l'Equilibrio tra esse.
    ii) il modello deve possedere flessibilità abbastanza da essere adattato all'intero spettro dei problemi di economia generale, ossia deve proporre un'idea di efficienza, ma riuscire ad includere i fenomeni di inefficienza.
    iii) deve considerare non solo l'efficienza, ossia la corretta allocazione delle risorse, ma dire qualcosa riguardo l'equità del risultato finale, o della sua accettabilità in generale.
    iv) deve infine essere compatibile con la struttura di mercato, “perché gli economisti occidentali assumono che il governo operi nel contesto di un sistema di mercato” (Tresch, R., op. cit., pag. 34).

    Procedendo per gradi, possiamo esaminare le posizioni del modello di riferimento riguardo queste necessità teoriche. Del requisito i): riguardo alla Domanda viene assunto che essa discenda dall'obbiettivo di massimizzazione dell'utilità, come prima espressa; quanto all'Offerta si assume la massimizzazione del profitto da parte dei produttori. Le condizioni di equilibrio sono indagate nel contesto di concorrenza perfetta (c.p.), soddisfacendo in questo modo anche il punto iv) - vedremo le condizioni di c.p. in un prossimo intervento.

    Per ciò che concerne l'efficienza, ossia il punto ii), essa si áncora al concetto di ottimo paretiano: la situazione in cui ogni movimento a vantaggio dell'utilità di qualcuno si ripercuote in una perdita maggiore di utilità a livello aggregato. Non riesco a darne in questa sede una rappresentazione grafica, cosa che sarebbe interessante, ma esporrò il concetto che ne è alla base. Si assuma che nell'economia esistano solo solo due attori, detti “1”e “2”, e si indichino rispettivamente con “U1”e “U2” le loro utilità. Ci si ponga dunque su un piano di assi cartesiano: un piano indica "U1" e l'altro "U2". Si individua un livello massimo per ognuno (se tutta la ricchezza fosse di 1, o di 2), e poi si traccia una linea, che può essere retta o no, che unisce i due punti. Quella è la frontiera ottima (tecnicamente "linea dei contratti"). Lungo quella linea si realizza l'ottima allocazione, date le risorse disponibili; al di sotto di questa giacciono i punti inefficienti, al di sopra quelli irraggiungibili, date le stesse condizioni generali.

    Il fatto è che la linea dei contratti non dice riguardo al criterio distributivo; da quel punto di vista è indifferente che tutta la ricchezza si in mano di "1" o di "2", o divisa tra loro: sempre efficiente rimane l'allocazione.

    In pratica col concetto di ottimo qui espresso (che dobbiamo all'economista italiano Vilfredo Pareto, tanto che si parla, pure nei libri americani, di "paretian optimum"), si individua una serie di soluzioni ottime. Per individuare l'ottima tra le ottime bisognerà esprimersi con riguardo all'equità, come annunciato prima al punto iii), e con ciò rimando al prossimo intervento.

    Saluti!

    A. A.

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